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LEO

scritti

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continua PREFAZIONE

Una volta accadde a Civitavecchia. Maria... distratta dalla fretta dello stesso Leo (anche di questo era stato appurato ci fosse sempre un fine e quindi fosse opportuno), aveva lasciato il libretto su cui scriveva nel bar...

Un’altra volta, a Messina, mentre Leo guidava, le era stata strappata dal finestrino aperto dell’auto la borsetta

che teneva sulle gambe. All’interno c’ era il suo diario che conteneva gli scritti di Leo.

Gliel’aveva strappata un ragazzo che, d’accordo con un altro, aveva fermato il motorino davanti all’auto per

bloccarla mentre l’altro si era fermato al fianco della portiera per strapparle, appunto, la borsa...

Leo era arrivato soltanto fino alla terza elementare e spesso gli scritti contengono forme dialettali provenienti

dalla Tolfa, località di Allumiere dove lui era nato, e per esattezza nel borgo della Farnesiana.

Negli ultimi tempi aveva cercato un professore, un laureato, qualcuno insomma che sapesse correggere i punti,

le virgole o quant’altro non corrispondesse alla grammatica della lingua italiana.

Sarebbe stata un’impresa difficile per chiunque perché non capendo esattamente l’espressione a volte dialettale

o il senso esatto del perché di quel ritmo di parole – spesso ricche di sentimento e profonde, particolari, ricche

di licenze poetiche ma dai contenuti morali, spirituali, filosofici, teologici – molti avrebbero potuto stravolgerne il contenuto o, addirittura, capo- volgerne il significato. Dovemmo rinunciare e così i suoi scritti, già dati da lui in custodia a Maria e a me, dopo di lui furono da noi suddivisi in categorie e, dopo quella bozza di “rivisitazione” ora, che sono rimasto anche senza Maria e Daniela – sua figlia che mi è stata moglie –, vengono riproposti nell’attuale edizione “riveduta” soltanto da me. Ci è voluto tutto il mio coraggio per farlo, non solo perché ho amato e amo quest’uomo e tutto ciò che da lui proviene, ma anche perché tutto ciò che lui ha svolto, ha toccato, ha amato, ha scritto, contiene una sacralità autentica, intoccabile e inviolabile, e con questa devozione, rispetto e umiltà non ho potuto cambiare nulla se non qualche virgola, a capo, accento....

Quando stavo per correggere qualcosa mi accorgevo comunque che il senso di quell’espressione andava lasciato esattamente per come lui l’aveva dettato e che solo in quel modo toccava qualche corda del nostro intimo.

Lui scriveva per come parlava nella sua vita, trasmetteva esattamente ciò che provava con un’ espressione, con un abbraccio, con una carezza, con i suoi occhi lucidi, nel modo in cui soffiava il fumo di una sigaretta, per approvare

ad esempio qualcosa, “battezzandola” con la cenere stessa... Nella sua vita parlava per come scriveva, con la stessa densità di sentimento, dolore, piacere e sostanza. Potrebbe sembrare che, decontestualizzati, i suoi scritti perdano di comprensione… in parte potrebbe essere anche vero, solo per chi legge parzialmente però e senza una totale disponibilità all’apertura del cuore e dell’intelletto. Sono parole talmente profonde, talmente impregnate di una umanità ad immagine e somiglianza di Dio, che ne divengono divine espressioni, divine parole, divini insegnamenti.

 

Carlo Tedeschi

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